Tra fumarole e fratture, uno sguardo nel Cratere Centrale

Alfio Di Marco Torre del Filosofo (Etna) 26 maggio – Un’enorme distesa frastagliata, avvolta da miriadi di volute di gas solfurei che salgono veloci verso il cielo, quasi s’inseguono e poi si dissolvono strappate via dal vento che, impetuoso, soffia da Nord-Ovest.

Là dove fino a poco tempo fa l’occhio sprofondava negli imbuti del Cratere Centrale e della Bocca Nuova, oggi si stende una coltre di lava fumante che ha quasi riempito le enormi cavità, grandi come tre campi da calcio accostati l’uno all’altro. Scomparso il diaframma che separava i due crateri maggiori dei quattro sommitali dell’Etna. E là, proprio nel cuore di questo unico, grande cratere, continua a pulsare la bocca eruttiva che sino a 12 ore prima ha dato vita a un’intensa e spettacolare attività stromboliana, caratterizzata dal lancio di bombe e scorie vulcaniche e da boati così veementi da far vibrare porte e finestre a chilometri di distanza, echeggiando lontano, sino a Lentini.

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Sono le 8,20 del mattino. Il fiato è ancora corto dopo la lunga ed estenuante risalita del ripido fianco occidentale della Bocca Nuova. All’orizzonte, il sole si è già sollevato sul mare che ora luccica come l’acciaio. Da dieci giorni il vulcano attivo più grande d’Europa è entrato in fibrillazione con un’attività esplosiva ed eruttiva che ha interessato prima il cratere di Nord-Est, trasferendosi poi alla Bocca Nuova e alla Voragine, dando anche qualche scossone al Nuovo Sud-Est.
Gli esperti dell’Ingv (Istituto Nazionale di geofisica e vulcanologia) tengono sotto stretto controllo i fenomeni che “rientrano nella naturale evoluzione di un vulcano attivo”. Ma l’attività è ovviamente un’attrazione per migliaia di turisti e appassionati che in questi giorni stanno affollando le alte quote della Montagna.
“Il quadro è in continua evoluzione – spiega Alfio Mazzaglia, guida storica dell’Etna –. Al momento, l’attività esplosiva si è quietata. Ma il Gigante non si è assopito. Forse sta soltanto riprendendo fiato. Da mesi, nel profondo, è in atto una continua risalita di nuovo magma che adesso, sospinto dai gas, emerge in superficie. Per fortuna, questo avviene dai crateri sommitali i cui condotti, dopo le grandi eruzioni di inizio 2000, rimangono aperti”.
Investiti dai gas, si fa fatica a respirare, mentre il vento è talmente violento che ti spinge lateralmente, costringendoti a piegarti sulle ginocchia e a piantare bene nel terreno i bastoncini telescopici. Il Nord-Est è interamente avvolto dai gas e raggiungerlo è praticamente impossibile.

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Così, costeggiando l’orlo occidentale della Bocca Nuova, procediamo verso il Sud-Est, attraversando una vasta area interamente colorata dal giallo dello zolfo che impregna il terreno. E il suolo qui è così soffice che ti sembra di camminare sopra uno spesso strato di borotalco.
A ridosso della sella che congiunge la Bocca Nuova con il Sud-Est, l’acre sapore dello zolfo ti raschia la gola. Le fenditure che si aprono nel terreno sono dappertutto e da lì i gas emergono ad alta pressione. “Quest’area – commenta Alfio Mazzaglia – non è mai stata così instabile. Il suolo qui si va aprendo a ripetizione ed è facile immaginare che fra non molto tempo potrà esserci un collasso. Il fiume di magma, nel ventre del Gigante, ha provato a sfondare verso il Sud-Est, ma deve aver trovato un ostacolo, ed è tornato indietro. Gli effetti di tali spostamenti, però, sono evidenti e nuovi, futuri fenomeni potranno anche interessare questa porzione dell’area sommitale”.

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Il vento si fa ancora più intenso e decidiamo di ridiscendere verso valle. La via del ritorno e sicuramente più agevole. E, mentre gli scarponi sprofondano tra le nere, vitree scorie, lo sguardo abbraccia l’orizzonte, accarezzando il profilo del piccolo cono formatosi nel 1971, e poi scendendo più giù verso la grande distesa sabbiosa che fa da contorno al quattro crateri sommitali.
Mezz’ora dopo siamo già a bordo del fuoristrada. Alle nostre spalle, l’Etna continua a sbuffare.

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